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LA NUOVA SCUOLA DI FOTOGRAFIA SICILIANA

Fotografi di un’isola plurale

Riportando questo breve testo mi domando se la fotografia può rappresentare un immaginario collettivo, un eredità che accomuni nel tempo l’identità di un popolo, credo di si, come credo che non basteranno mai uomini che con ogni mezzo cercheranno di scrutare le proprie radici a finché se le ricordino!

Nella introduzione alla mostra Giovanni Chiaramonte si interroga sulla realtà e le possibilità di una scuola siciliana

*In un breve saggio dedicato a Mario Dondero, commentando l’immagine scattata da Jean-Louis Daguerre nel 1838 dall’alto di una finestra sul Boulevard du Temple, Giorgio Agamben scrive: “La fotografia è per me in qualche modo il luogo del Giudizio Universale, essa rappresenta il mondo come appare nell’ultimo giorno, nel Giorno della Collera … L’immagine fotografica è sempre più che un’immagine; è il luogo di uno scarto, di uno squarcio sublime tra il sensibile e l’intellegibile, tra la copia e la realtà, tra il ricordo e la speranza. A proposito della resurrezione della carne, i teologi cristiani si chiedevano, senza riuscire a trovare una risposta soddisfacente, se il corpo sarebbe risorto nella condizione in cui si trovava al momento della morte (magari vecchio, calvo e senza una gamba) o nell’integrità della giovinezza. Origene tagliò corto a queste discussioni senza fine affermando che a risorgere non sarà il corpo, ma la sua figura, il suo eidos. La fotografia è, in questo senso, una profezia del corpo glorioso … Di tutto questo la fotografia esige che ci si ricordi, di tutti questi nomi perduti le foto … testimoniano, simili al libro della vita che il nuovo angelo apocalittico – l’angelo della fotografia – tiene fra le mani alla fine dei giorni, cioè ogni giorno.”

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