La sveglia…

suona per tutti!

La fotografia, specialmente quella professionale, è una delle categorie lasciate senza alcuna tutela. «Ricordo quando nel ’93 ho deciso di diventare un fotografo professionista. Dovevo aver fatto due anni di esperienza in uno studio fotografico o in alternativa completare un corso biennale. Ho optato per il secondo e al termine degli studi, nel ’95, quando mi sono presentato negli uffici di competenza per registrarmi come fotografo, mi è stato detto che non c’era più bisogno di alcun attestato». È stata una grande delusione.

L’uffiale in questura replico dicendo, oggi chiunque può fare il fotografo!

[...]

“In una società dominata dal business, cosa possono contare le grida di aiuto, la consapevolezza dei diritti e il rispetto del codice deontologico? Mi dispiace dirlo, ma penso ben poco.”

Attualmente i compensi vengono calcolati in base alla domanda e all’offerta, e lo slogan che circola, «forse perché qualche fotografo si sentiva più fortunato», è stato “si salvi chi può”. Possiamo constatare che, per quanto riguarda la fotografia, tutti ne stiamo soffrendo allo stesso modo: giornalisti ed editoria in generale. Anche se esiste un albo dei giornalisti, non sembra che stia portando a un cambiamento significativo. Quindi, potete farvi un’idea riguardo alle associazioni di categoria!

Quando ho capito che le istituzioni e tutte le associazioni di categoria “non potevano fare nulla” per contrastare il declino dei diritti dei fotografi, ho praticamente smesso di accettare condizioni di lavoro che non tenevano in considerazione la mia professionalità con un budget adeguato. Di conseguenza, mi sono riciclato lavorando come “photo editor online”. Non mi lamento, ma non è il mio lavoro.

Forse il più grande errore della categoria è stato non tenere conto, o almeno non fare abbastanza, per integrare tutto quel mercato amatoriale che si stava sviluppando nei settori di diffusione di immagini, come i social network. Ad esempio, il più conosciuto è Flickr e tanti altri, nel senso che non hanno considerato che questi potessero diventare dei veri contenuti informativi.

“I social network rappresentano oggi la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e chi lavora nei media non può ignorare questa direzione. I social network sono attualmente la fonte più frequentata su internet, dove l’utente sceglie e riceve informazioni mirate tramite la rete.

In questo sistema, la qualità ha scarsa importanza: ogni individuo posta e condivide contenuti, che possono essere coerenti o meno. Le immagini variano nella loro qualità, alcune sono belle e altre meno, realizzate con macchine fotografiche o cellulari. Ciò che conta è la condivisione dei contenuti, a cui abbiamo accettato di partecipare.

Partendo da questa premessa, chiunque può creare contenuti scritti o scattare fotografie di buona qualità (ciò non implica necessariamente capacità di comunicazione professionale o altro). Tuttavia, tutti i mezzi di comunicazione possono diventare essenziali in momenti di necessità, come dimostrato dagli eventi di cronaca degli ultimi anni in tutto il mondo. I contenuti ‘senza filtri’ spesso risultano più interessanti emotivamente di quelli professionali, (Il momento X non si può prevedere e se ci sono “X” cellulari a registrarlo ben vengano). Il problema non risiede nel tipo di comunicazione, ma nella paura di una categoria professionale che si sente minacciata dall’abbondanza di immagini digitali a basso costo o gratuite, prodotte da organizzazioni come i social network, partner dei social media, gruppi e corporation. Queste organizzazioni investono ingenti somme in sviluppi di sistemi avanzati per controllare questa grande quantità di contenuti, con il potenziale di guadagnare enormi profitti.”

Comunque, a proposito dei social, vorrei aprire una parentesi su come siamo arrivati a questo punto.

La focalizzazione è sulla divulgazione dei CONTENUTI su internet. Inizio con un riepilogo un po’ grossolano e intuitivo, non credo di sbagliarmi di molto, ma trovo sia necessario per fare un ragionamento generale.

Uno dei primi sviluppi riguardanti i contenuti su internet è stato la comunicazione degli annunci di lavoro, con la possibilità per gli utenti di inserire autonomamente i propri dati. Questo è stato reso possibile dai diversi operatori di settore che offrivano spazi gratuitamente, portando così un traffico di utenti e contenuti che poteva garantire statisticamente una certa visibilità alle aziende commerciali (sponsor) per promuovere le loro attività.

Una domanda che gli utenti di questi servizi di offerta di lavoro si sono posti è stata se avessero ottenuto risultati tramite questi annunci. La risposta è stata NO! In generale, non si ottenevano risultati, tranne in alcuni casi in cui alcuni servizi si sono specializzati e hanno offerto garanzie sia per gli utenti in cerca di lavoro che per le aziende in cerca di personale. È importante considerare i Curriculum inseriti in questi database con l’intento di essere reperibili.

Ben presto su questa chiave commerciale giungono una serie di funzioni volte a utilizzare Internet per indirizzare la pubblicità direttamente verso l’utente finale. Entra in gioco lo “spamming” tramite email, fenomeno che, grazie alle leggi sulla privacy, è stato in parte contenuto. Tuttavia, vengono comunque creati servizi di varie tipologie, i quali richiedono la registrazione dei propri dati. Anche se tali servizi sono utili per gli utenti, è importante notare che si tratta sempre di servizi gratuiti che richiedono il consenso al trattamento dei dati personali. «Sarebbe, fondamentale garantire che tali dati vengano utilizzati esclusivamente dalla società presso la quale ci si è registrati».

“Nel senso, se do il consenso dei miei dati a un portale d’arte, questo è autorizzato a mandare la propria mailing-list, che sicuramente, essendo interessato, mi fa piacere ricevere, con il vantaggio di potermi cancellare da tale portale quando voglio, grazie alla tutela sulla privacy.”

La privacy ha fatto sì che alcuni gruppi dovessero riorganizzarsi, creando una moltitudine di servizi su internet con diverse tipologie, così chiamati, contenuti verticali, per attrarre il maggior numero di utenti all’interno dei loro database, assicurando così ai loro sponsor visibilità concreta attraverso contenuti specifici diretti a un’utenza interessata!

Perfetto, fin qui tutto bene. Lo sponsor che ha investito in un network che tratta contenuti del suo settore specifico ha ottenuto risultati da un’utenza finale che ha usufruito di un servizio d’informazione a lui gradito, con un beneficio gratuito.

Regola molto semplice:
Utente = Movimento su internet
Movimento su internet = Sponsor
Sponsor = Soldi
Sempre perfetto, nessun problema!!!

Anche se ci siamo buttati di nostra iniziativa in questo mare di Internet, un qualche problema forse c’è! La “creatività del pensiero” è un diritto utilizzato con leggerezza per creare dei “soldi”.

Questi stessi gruppi si sono domandati e hanno studiato molto bene come reperire quelle informazioni, i “contenuti”, a basso costo. Così sono nate delle modifiche di questi siti proponendo direttamente agli utenti di intervenire con il loro “contenuto creativo”, fonte preziosa per creare del movimento all’interno dei siti, del tipo: “lascia un tuo commento, inserisci l’immagine della tua città”, eccetera. All’inizio c’erano solo interventi di carattere amatoriale, con deboli risultati, e poi offrendo dei pagamenti che si aggirano tra 1 e 5 euro, a seconda del contenuto. Questi ultimi sono dei veri e propri articoli, acquistati a volte da aziende del settore dell’informazione che contengono un ampio database di archiviazione, e facendo qualche rimpasto passano in molteplici canali…

Bene, è chiaro che chi lavora con l’informazione non avrà un futuro certo se, in definitiva, il suo lavoro viene messo in un mercato ai costi che abbiamo detto. A questo punto, è meglio scrivere nel proprio sito, magari creandosi un servizio con strumenti open source, sperando di attirare un’utenza imprevista che gli farà arrivare qualche sponsor che lo farà in qualche modo campare!

Comunque, questa non è la soluzione. Per farsi strada nella rete, bisogna entrare a far parte di quest’ultima ondata: i “Social Network”!
Ho raccolto per curiosità alcune introduzioni di questi servizi, in particolare per quanto riguarda la fotografia:

Cosa è flickrYahoo!…?

Riguardo a Flickr, è la migliore piattaforma online al mondo per la gestione e la condivisione di foto, con due obiettivi principali:

1. Desideriamo aiutare gli utenti a mettere il loro contenuto a disposizione delle persone interessate.
2. Desideriamo abilitare nuovi metodi per l’organizzazione delle foto e dei video.

Cosa stai aspettando? Registrati ora!

In questo link Flickr About, si propongono delle domande interessanti che fanno ragionare su quanto detto prima! 

Su Flickr, nelle condizioni generali per l’utilizzo del servizio, si trovano le solite regole, come ad esempio:

Yahoo! rispetta i diritti di proprietà intellettuale e industriale degli altri e richiede ai propri utenti di fare altrettanto. Se ritieni che una tua opera sia stata copiata o “trattata” da terzi all’interno del Servizio in modo da violare le norme sul diritto d’autore, ti preghiamo di fare riferimento alla nostra Politica sul Copyright.” Puoi trovarla a questo link: copyright

Ma in realtà, la situazione non è così semplice. Gli utenti, per lo più appassionati, non sono molto attenti alle questioni delle licenze e dei diritti d’autore. E quando si incontrano violazioni del copyright, spesso ci si limita a discuterne nei blog senza ottenere risultati concreti.

Il servizio è certamente molto serio, ma per quanto riguarda i “Diritti di Copyright”, presenta delle lacune. Come ben sappiamo, i contenuti circolano liberamente su siti commerciali e riviste di vario genere.

Oltre a Flickr, ci sono anche YouTube, MySpace, Facebook, Twitter, LinkedIn e molti altri, che sono emersi in sequenza, vista la loro popolarità. L’obiettivo è sempre quello di ottenere il maggior numero possibile di utenti!

Ora, tutti questi servizi sono supportati dalla pubblicità, che è l’unica cosa che li mantiene in vita, offrendo spazi gratuiti dove gli utenti possono inserire i loro contenuti, seguendo la semplice regola (Sponsor = Soldi) che ho menzionato prima.

Infine, parliamo degli “AdSense” di Google (San Google, colui che trova tutto e da tutto!), una bella formula, ma in fine non così redditizia per l’utente. Ci sono alcuni casi di guadagno, ma abbiamo visto i risultati: siti che sovraccaricano le loro pagine con “Ad google”, cercando di mimetizzarli con la grafica e i contenuti, fino ad arrivare a siti che mostrano solo contenuti pubblicitari!!!. Google-ads

In definitiva, arrivo alla conclusione che, per quanto riguarda il mio lavoro di “AUTORE” (qualsiasi esso sia), questi servizi non offrono risultati chiari, se non l’idea che l’utilizzo del proprio lavoro personale serva soltanto a = 0,0000001 centesimi moltiplicati per un’utenza internazionale = pochi soldi veri per l’utente e cifre esorbitante per i loro network.

L’utopia non muore mai!!!

Propongo invece una grande comunità, di carattere internazionale, dove poter condividere il mio lavoro creativo e che ogni volta che questo viene visto, replicato o utilizzato in qualche modo, io venga retribuito direttamente nelle mie tasche con una quota equa del suo valore!

E infine un “Garante” che applichi le leggi sui diritti d’autore in tutti i settori. Apro una parentesi per segnalare un articolo molto interessante riguardante ciò che si sta facendo all’estero in tema di tutela del copyright: “U.S. Signs International Anti-Piracy Accord”. Se ci fosse un garante che vigilase sulla protezione dei contenuti divulgati su internet, ogni individuo, anche dal paese più remoto, potrebbe contribuire con il proprio pensiero e usufruire delle stesse informazioni, sapendo che chi sponsorizza, all’interno di qualsiasi servizio internet, stia contribuendo direttamente a lui come creatore e professionista, anche se in modo infinitesimale.

Comunque, anche se un po’ grossolana e approssimativa, questa analisi sulle possibili alternative per garantire tutti gli aspetti creativi dell’uomo vuole sottolineare che, se non si trova una forma di sostentamento per coltivare una passione o una professione, la comunicazione in generale perderà il suo valore economico, trasformandosi solo in un atto di condivisione.”

di Walter Ricardo Francone, pubblicato il 26 ottobre 2011 su blogeffe0