IMMAGINE IRREVERSIBILE

cos’è una fotografia


In questi ultimi tempi si parla molto di fotografia, (cos’è, cosa non è), vorrei dire di fare molta attenzione, principalmente su una scia di addetti ai lavori che divulga con ferme certezze imponendo al fotografo di riformarsi, con idee innovative, necessarie per essere un vero artista, con dei termini tipo “sviluppare uno stile, una progettualità, di fare stampe di una certa dimensione, con un certo taglio” e mi fermo soltanto a quelle formule più divulgate.

Il fare fotografie è una delle cose più semplici, più libere che esista al mondo, impone soltanto d’approfondire alcuni punti essenziali, sicuramente una buona conoscenza tecnica degli strumenti, apparecchi fotografici, sviluppo e stampa, tecnica digitale, software di gestione dei file, detto in questo modo sembra facile, ma per chi deve imbattersi seriamente in questa avventura, posso assicurarvi che ci vogliono anni di studio con un costante approfondimento sugli aggiornamenti. Una volta afferrato questo lato tecnico, pratico, come il numero delle proprie scarpe, uno può considerarsi un fotografo.

Questo non implica il modo di fotografare, negativo, digitale, a mano libera o con il cavalletto, queste sono solo posture diverse con cui uno si prepara per realizzare una fotografia, ma l’istante è sempre un istante, ed è il momento in cui si effettua lo scatto di una fotografia. Questo oggi lo si può fare anche con un “telefono cellulare”, l’importante è cosa stai guardando, domandandosi se in quel momento il tuo cuore, la tua mente, il tuo occhio, se nell’unicità di queste ragioni interiori, quell’asse immaginario in cui guardi e che attraversa lo specchio posto nella macchina fotografica, abbiano raggiunto l’altro e deposto in ciò un significato.

La parte più difficile per un fotografo è guardare, cercando di dare l’attenzione che merita a ciò che gli sta attorno, “sì, uno può dire, ma i miei occhi hanno una buona vista, le foto sono nitide hanno dei bei colori, sfumature, sono a fuoco, con delle belle inquadrature sono equilibrate, aggiungendo che fotografie come le tue le hai viste nella rivista di qui, nella rivista di là, allora giri scattando con soddisfazione chili di fotografie referenziali”… ma non è la stessa cosa! Guardare vuol dire soffermarsi su qualcosa che ti ha chiamato interiormente, posto una domanda, ha attratto la tua attenzione.
Lo possiamo definire uno sguardo reciproco, tra te e quello che è davanti a te, il sentire correre il sangue come un pizzichio tra le vene, che ti fa muovere verso quella natura, un oggetto, una persona, il mondo e se in questa azione la tua prontezza sarà audace nel decidere di fare quello scatto, potrai dire che quel momento sarà un’immagine per sempre, questo atto d’intimità tra te e il mondo non è giudicabile, se non soltanto da te medesimo.

Quando si parla di verità in una fotografia, possiamo riferirci a quei momenti, forse meglio dire istanti, vissuti con sincerità nella tua vita e che attraverso lo strumento fotografico hai deciso di esprimerli. In questa espressione il fotografo ha una grande responsabilità, ricordando che tutto quello che semini nel mondo rimane e rimane per sempre, che questo sia bello o brutto, vitale o mortale, e ci sarà sempre qualcuno, da qualche parte, pronto a raccoglierlo, il giorno che metterai mano alle tue fotografie e guardandole frontalmente potendo fare una scelta, dirai “questa Sì, questa No” bisognerà tenere a mente, raccogliendone separatamente tutti quei “Sì” e quei “No” che “Il mondo è immagine e l’Uomo abita poeticamente”, che “Non tutto ciò che vediamo è mirabile” e che “La nostra scelta fa sì che l’esistere delle cose siano ri-guardate“. Questa scelta sarà l’unica che attribuirà al tuo lavoro fotografico quel senso autentico, perché quei momenti, se sinceri, sono soltanto i tuoi momenti, e nell’insieme rispecchierà un corpo, una vicenda fatta dall’esperienza tua individuale, ed è unica, irripetibile, nessuno può vivere il tuo universo se non in quegli istanti, quegli incontri scelti da te e riportati in un’immagine.

Sostenere questo penso sia la cosa più difficile, ma è la nostra vita, i nostri incontri, la nostra storia, e finchè ci saranno strumenti capaci di riportare un’immagine alla luce bisognerà utilizzarli liberamente. Non credo che sia “facile”, non lo è per nessuno che tenti di rappresentare una verità, questa non può trascendere dall’individuo, da come ci si rapporta con gli altri, con il mondo, un avvicendarsi di relazioni che fanno di te quello che sei, tutto viene rispecchiato nell’opera, la fotografia in questo ha una chiara trasparenza, se vera si vede chiaramente, anche il contrario, la menzogna per intenderci, magari non subito, magari ci vuole del tempo, saranno le ragioni per cui uno si muove che trovano nell’altro un referente.
La critica ha il potere di apprezzare il tuo lavoro o dare un parere contrario. Chi guarderà le tue immagini potrà dire, mi piace, perchè in qualche modo lo riguarda, potranno dire un lavoro bello, un lavoro brutto, questo è lecito fa parte di una scelta, ma chi nella critica impone una visone diversa da quella proposta, vorrà dire cercare di spezzare quella genuinità che si trova nel vostro universo, portando quello sguardo su un piano ideale che non ti appartiene, in questo momento storico che attraversa la fotografia regna una sottile linea che non riesce più a distinguere la superficialità dal reale, e potremmo discuterne all’infinito, ma a te, me, cosa è che interessa veramente, cosa ti riguarda, come la parola stessa dice, se c’è una cosa che ti riguarda vuol dire che in quel momento ti ha dato amore, e non può essere più in discussione perché è la tua unica infinita verità.

Non credo di poter fare affermazioni su cos’è una fotografia è cosa non lo è, bisognerà tener presente che un’immagine fotografica non è mai soltanto quello che hai dentro alla tua testa e che riesci in qualche modo a rappresentare, ma il rapporto tra quello che sei tu come uomo e ciò che guardi per davvero, mantenendo questi due emisferi nel rispetto dello strumento che usi per esprimerti. In questo caso la macchina fotografica, l’insieme, sarebbe meglio dire la messa a punto di una serie di strumenti, come il corpo macchina che, in pratica, è una piccola camera oscura dotata di un vano pellicola negativa, o al posto della pellicola un sensore digitale, tutti e due sensibili al contatto con la luce, è in grado di riportare un’immagine, il tempo di posa per misurare il passaggio della luce che andrà a registrare la fotografia, l’obbiettivo per guardare dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, la ghiera del diaframma posta nell’obbiettivo che permette una minore o maggiore profondità del campo visivo e infine lo specchio, per rivolgere lo sguardo verso l’altrove che è nel mondo, congiunti al tuo universo interiore in grado di racchiudere in un’immagine il suo ultimo significato, la parola poesia, “scritta con la luce”.

di Walter Ricardo Francone, pubblicato il 16 luglio 2009 su blogeffe0